È ne
"la regola del gusto" che David Hume sottolinea come nella
ricerca di questa vi è la necessità estetica di accordare
"i vari sentimenti degli uomini, o almeno una decisione che, quando
venga spesso, confermi un sentimento e ne condanni un'altro".
Poi si evidenzia come tra "giudizio" e "sentimento"
si stabilisca una enorme differenza. Infatti il filosofo conferma come
"tutti i sentimenti sono giusti perché il sentimento non
si riferisce a null'altro che a se stesso, ed è sempre reale
ogni qualvoIta se ne abbia consapevolezza". AI contrario "non
tutte le determinazioni dell'intelletto sono giuste".
Perché Hume viene a sollecitarci nel momento in cui osserviamo
le dinamiche pubblicitarie della Benetton? C'è un logotipo da
tutti conosciuto, trascinatore delle immagini sull'azienda,sul prodotto,
necessario per inserire il tutto nel circuito del marketing: UNITED
COLORS OF BENETTON.
Siamo convinti che il n6cciolo del problema poggi proprio sul termine
United. Esso sta ad esemplificare la necessità di rendere sinergiche
le varie componenti cromatiche in un amalgama che sia il più
armonico possibile. Un prodotto, un abbigliamento, è manufatto.
È pur sempre un derivato ergonomico anche se l'ausilio e la determinazione
della macchina svolge un ruolo di caratterizzazione fondamentale. Esso
è anche modello di iterazione, di armonia pigmentaria che attinge
ora dalla natura ora dalla architettura urbana, ora dalla tecnologia,
ora dalle discrasie insite nelle popolazioni delle megalopoli e in tutte
quelle variegate immagini che ci vengono quotidianamente proposte da
quell'inestinguibile focolare elettronico che è la televisione.
Ma anche dall'antropologia; l'imago antropologica sembra spesso sollecitare
il gioco pubblicitario della Benetton. Così l'associazione di
razze (le belle bambine in contrapposizione bianco/nero) o di rituali
(ebreo/musulmano) o di connotazioni geografiche (cinese/svedese/africans)
sollecitano questa ricerca catturando l'attenzione. Anche l'erotismo
sprigionato dal candore (sia dell'abbigliamento sia dalla pelle) della
suora che bacia il giovane prete dall'impeccabile abito in nero, esercita
con equilibrio il suo ruolo di veicolo pubblicitario.
Fino alla memoria storica dell 'e.xodus carico, ancor oggi, di un suo
messaggio angoscioso e portatore di quella speranza contrastata da tante
e troppe incomprensioni.
Fin qui sembra che il gusto si sposi con una precisa scelta intellettuale
rispettando la coniugazione ragione/sentimento. Le immagini ci riproiettano
i colori; e di colori è fatta l'icona e il prodotto Benetton.
Gli stessi "profillattici" in sequenza, diafani e liberi come
coppie ectoplasmiche, sono immersi in un liquido metafisico, suggeriscono
una sorta di calma tenace, priva di quelle esilaranti emozioni che invece
cL vengono sollecitate dalle fiamme possenti sprigionate dalle macchine
in corsa. Tutto ci6 è sostenuto da un corretto segnale che consente
una risposta in feed-back adatta a rigenerare una dimensione etica del
prodotto e nello stesso tempo rispettosa della sua intrinseca creatività.
Se poi a firmare queste immagini intervengono fotografi dalla incisività
di Oliviero Toscani o di Theresa Frare tutto si arricchisce, oltre che
dell'inventiva, della lucidità tecnica; di quella lucidità
che fa gioco anche sulla scelta della immaginazione spaziale che taglia
in due il cuore delle cose.
Altre volte quel "sentimento" espresso da Hume viene a discostarsi
da questa armonia, dal segno efficace che promana dal gusto, dalla copulazione
accondiscendente con l'intelletto: troviamo, invece, una autonoma "giustezza"
che si divarica improvvisamente dalla ragione. Sono già le lunghe
croci dei cimiteri a iniziarci; più ancora quella interiorità
scabra e riservata nel suo impatto di estremo dolore del malato terminale
di AIDS proposto in una delle tante immagini-Benetton. La neonata adorna
del funicolo ombelicale ci restituisce la compiacenza del sangue materno,
rappreso: non lo si ritrova neanche nei testi di embriologia o neonatologia:
una evidenza di stampo iperrealistico che tende a mortificare il gusto,
ad esaltare, quindi, il sentimento del disturbo e a suggerire che uno
dei suoi elementi, il pudore, è stato prevaricato .
A concludere, poi, questa frattura profonda affiorano le tre donne del
sud che vegliano. il morto ammazzato. È immerso in una oleografica,
ma purtroppo squallida e veritiera, pozza di sangue: meriterebbe-a nostro
avviso - una maggiore cautela la selezione di questa immagine-veicolo.
E ciò non perché, gli uomini del sud, si sentano complici
od omertosi nei confronti della figura della morte mafiosa avvertita
come
colpa collettiva e quindi desiderosi di occultarla. Certamente no. Essa
svolge il suo ufficio nelle pagine di cronaca; sta bene impressa negli
occhi di tutti, sia uomini del sud sia del nord. Sta anche bene che,
per essa, alimentiamo lo sconforto, la nausea, il disgusto per tanto
orrore affinché non faccia continuare a dire superficialmente
"tanto s'ammazzano tra loro". Sappiamo, infatti, che non è
così. Ma l'immagine in cartellone ci suggerisce l'dea spaventevole
di una maglietta Benetton dove il rosso possa essere quello del sangue
di un uomo, il nero il lutto che veste le donne, il grigio della pietra
l'esasperante montare della nostra indifferenza. Registriamo, comunque,
la mancanza di valore alla vita e la spettacolarizzazione morbosa della
morte violenta o di quella martire di eventi patologici, o di quegli
accadimenti dove la riservatezza starebbe senz'altro a indicarci di
più il loro "valore", che non la dilacerazione spietata
ad opera del "mercato". Tutto ci6 si copre inoltre di una
umiliazione che non investe soltanto quanti operano la selezione delle
immagini, ma quanti la ricevono pur nel fragore ossessivo della nostra
quotidianità elettronica.
ottobre 1992
Aldo Gerbino
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