Carissimi amici, un’idea del Prof. Tommaso Romano
insieme ad un suo forte endorsement, posto in essere insieme al Gallerista
Francesco Marcello Scorsone, mi avevano indotto a preparare una mostra
personale sul paesaggio, nel mese di maggio 2020, presso i locali di
Palazzo Jung, gentilmente concessi dallo staff direttivo competente,
che sentitamente ringrazio.
Purtroppo l’ondata covid non ha consentito che la mostra avesse
luogo. Il mese scorso mi veniva chiesto se volevo riprogrammare l’evento.
Ho avuto forti perplessità, il prosieguo degli eventi mi ha dato,
purtroppo, ragione. Oggi purtroppo tutto è bloccato. Io non so
se in un prossimo futuro sarà il caso di riproporre la medesima
mostra imbattutasi in un periodo infelice della nostra esistenza. Vedremo.
Se lo farò sarete i primi a saperlo. Tuttavia sento il dovere
di ringraziare ancora lo Scrittore Tommaso Romano e il Gallerista Francesco
Marcello Scorsone per i motivi che ricordavo in esordio, E infine ringrazio
con calore gli Amici che con il loro spessore culturale hanno illuminato
la mia pittura, dedicando: uno scritto, un pensiero, una poesia, ciascuno
di loro su un mio singolo dipinto.
A tutti un caro saluto con la speranza di potere uscire presto da questo
spiacevole momento che sta attraversando
la nostra società.
Elio Corrao
Palermo, Novembre 2020
INTERVENTI
Antonella Affronti
Silenzio; nell’attesa che la natura ritorni rigogliosa e prolifica
di vita,
che il cielo si trasformi in immagini alate.
Silenzio; desiderio irrefrenabile di quiete, di pause per la nostra
affamata
voglia di serenità.
Silenzio; l’occhio scorre e con la mente crea.
Maria Patrizia Allotta
E la mano di Elio
svela ancora
l’infinitudine dell’io
in sublime prospettiva
di totalizzante dimensione,
tra tinte lievi e olezzi tenui
che pure l’indomito cuore
carezzano in tempo
ormai apocalittico.
Tocchi leggeri
di pennello d’arte
dove sentimento diviene decoro
mentre emozione
consacra cosmica bellezza.
Scenario eccelso
dove la vana gloria tace
intanto che
mestizia eterna si avverte
come pneuma sacro
e fiato liturgico
eppure respiro divino
elevando lo spirito
oltre possibile peste.
Gonzalo Àlvarez García
Lo chiamerò “Mare Nostrum”. Elio Corrao ama il Mare
ed è un uomo moderno. La Modernità comincia con l’Umanesimo,
e uno dei sintomi che la caratterizzano è proprio il sentimento
che negli Umanisti suscitava la Natura, la vita “dell’al
di qua”, la terra con le sue montagne impervie e le sue dolci
vallate. L’uomo del Medioevo, assorto nella contemplazione della
“Gerusalemme Celeste”, disprezzava la Natura. Petrarca,
primo grande Umanista, è anche il primo uomo moderno. Il suo
racconto della scalata al Mont Ventoux, dove il Poeta appare sopraffatto
dal grandioso spettacolo, è un modello di “letteratura
virgiliana”. Non posso descrivere le reazioni che avvengono nel
animo del pittore mentre mi racconta il Paesaggio N° 3.
Posso raccontare i pensieri che il quadro suscita in me. Vedo l’Artista
curvato sul nostro Mare, aspirarlo, odorarlo, percorrerlo in lungo e
in largo, raccoglierlo nella conca delle sue mani e di nuovo liberarlo,
dilatarlo nel macroscopio del ricordo. Vedo luci e ombre, chiaroscuri
e trasparenze misteriose e, al fondo, l’alto promontorio infuocato.
Non riesco a distinguere se è Polifemo, con il suo minaccioso
occhio incendiario, o il Sole che di buon mattino viene a dilettarsi
con le Ninfe mediterranee. Aretusa e Galatea lo attendono. All’improvviso
il Mare Nostrum si stacca dalle mani dell’artista, lascia la sua
Conca naturale e si eleva sopra le nubi.
Nel suo andare e venire incessante trasporta guerrieri, mercanti, poeti,
filosofi, divinità, argonauti, Sirene… Seduto a prua nella
nave che non farà ritorno a Itaca, Omero racconta il Grande Viaggio…
e il mondo lo ascolta. In qualche insenatura sembra di distinguere l’ombra
di Fata Morgana e, per un attimo si intravede la sagoma di Cola Pesce
su uno scoglio seminascosto tra alghe, alloro e rosmarino…
Favole, leggende, sangue di guerre insensate e migrazioni… L’intera
Civiltà Occidentale è transitata su queste onde.
Palermo, 28.02.2020
Giuseppe Bagnasco
Un castello che si intravede sopra un monte: un quadro dall’apparente
disarmante semplicità. Elio Corrao non l’avrebbe fatto
così privo di una prospettiva panoramica, affidandosi soltanto
ai colori, se non avesse avuto un recondito motivo. Allora la domanda
è: cosa rappresenta al di là dell’esposizione visiva?
Ma non è il castello, né la montagna a catalizzare la
curiosità di chi l’osserva quanto la splendida solitudine
che l’attornia. Ecco, secondo noi, l’ispirazione di Elio
Corrao. Il castello posto lassù in alto e scelto come luogo adatto
alle meditazioni, rappresenta nei propositi dell’artista l’emblematica
ricerca di un luogo lontano dal cicaleccio della città, dai rumori
dello scirocco, dal frastuono dei camposanti. Un’isola pertanto,
simile alla “Thule” di Tommaso Romano dove poter dare dimora
ai sogni, alla stanchezza dei giorni, ai sospiri del tempo. Ecco la
rappresentazione plastica della speranza che tra le verdi valli s’alza
fino a raggiungere la tanto sospirata tranquillità del corpo
e dell’anima. È in fondo la ricerca introspettiva di una
purificatrice catarsi che, come l’isola romaniana, si identifica
in quella sommità isolata della vetta del Pellegrino, da dove
lo sguardo osa spaziare, senza la siepe leopardiana, verso l’infinito,
verso quegli orizzonti che, se ai comuni valleggiani appaiono irraggiungibili,
non lo sono per gli spiriti liberi che nutrono l’animo degli artisti.
E si sa, gli artisti, nello specifico i pittori, parlano con i colori
per esternare i loro stati d’animo con le loro ricerche cromatiche,
il loro più intimo linguaggio. E il castello, a parere nostro,
non è altro che il traguardo che lo spirito del Corrao vuol raggiungere,
un castello a cui dona un colore diverso, una luce che si sparge come
un faro. Ecco allora che tutto diviene chiaro e comprensibile anche
all’animo più semplice dell’impreparato visitatore
per un dipinto che emana un’attrazione non cercata, ma dove è
la luminosità a farsi complice nel cercare e sollecitare lo sguardo
dell’astante. Un quadro emblematico quindi, che solo a chi lo
sa interpretare restituisce quello che si pone come ricerca del “sé”.
Mariella Calvaruso
Mi piace l’alba. Mi piace perché porta con sé il
profumo della speranza e del rinnovamento. Andare in spiaggia e guardare
quella linea sottile di luce all’orizzonte, godere il silenzio
e la quiete e abituare gli occhi alla nuova luce che dirada le ombre
della notte per poi esplodere di colori che illuminano il cielo e il
mare mi fa sentire viva. Quando il sole sorge ogni cosa deve ancora
iniziare, la giornata si presenta piena di possibilità e pensare
di avere davanti un nuovo giorno per respirare, pensare, lavorare e
perché no, provare gioia è un dono prezioso. Scriveva
Italo Calvino: “È l’ora in cui le cose perdono la
consistenza d’ombra che le ha accompagnate nella notte e riacquistano
poco a poco i colori, ma intanto attraversano come un limbo incerto,
appena sfiorate e quasi
alonate dalla luce: l’ora in cui meno si è sicuri del’esistenza
del mondo”.
Aurelio Caruso
Quando ho guardato per la prima volta quest’opera sono rimasto
un po’ immobile ad osservare scene che inaspettatamente hanno
iniziato ad attraversarmi la mente. Prima scene che riguardavano la
mia gioventù quando, zaino in spalla, mente libera da pensieri
e problemi ma con in cuore l’entusiasmo di un giovane scout, attraversavo
luoghi simili, luoghi precisi identici a quelli raffigurati nell’opera.
Immagini bellissime che mi sono rimaste dentro e che ormai porterò
sempre con me. Poi scene descritte prima da un mio grandissimo amore
di gioventù: Luigi Pirandello, poi portate magistralmente sulla
scena dai fratelli Taviani in un grandissimo capolavoro cinematografico
del 1986: Kàos. E proprio l’opera di Elio Corrao ripropone
idealmente l’inizio dell’episodio “La Giara”
in cui un contadino indica la strada per giungere alla masseria di don
Lollò: «Vedete quella vallata lì in fondo? È
di don Lollò. L’attraversate tutta e arrivate alla montagna
lì in fondo. La vedete? È di don Lollò. Attraversate
la montagna e scendete nell’altra vallata. Anche quella è
di don Lollò. Continuate a seguire la trazzera che trovate proprio
davanti a voi e arrivate ad una masseria. È la masseria di don
Lollò.»
Grazie Elio per una immagine così grande.
Giovanna Cavarretta
L’opera di Elio Corrao, delicata ed intensa, raffigura con estrema
raffinatezza un luogo impervio, caratterizzato da lande ed improvvise
dune su uno sfondo montano, sovrastato dalla luna in un cielo infinito.
La pennellata tenue ma al contempo incisiva evince la maestria dell’artista
nell’esecuzione di una struttura figurativa di forte impatto visivo.
La ricchezza cromatica domina la composizione nella sua interezza, mostrando
un’armonica consonanza tonale determinante nello svelare la sottesa
poetica, fondata sulla funzione comunicativa che si basa su due piani
principali. Ognuno di essi si rende manifesto di uno stato emotivo sia
causato da una smorzata aridità iniziale, rappresentata da una
scarna vegetazione, sia dalla maestosità dell’illustrazione
dello scenario naturale. Il primo è quello emozionale dato dalla
scelta dei colori. Il secondo concerne l’aspetto estetico evocato
dal riferimento ad un Bello inteso, non in senso morale ma, come ciò
che è in grado di alleggerire o arricchire l’animo, perché
come scrive ne “Lo Spirituale nell’Arte” W. Kandinsky
:“In pittura ogni colore è interiormente bello, perché
provoca un’emozione mentale e ogni emozione arricchisce l’anima
(…) Se l’artista è il sacerdote della bellezza, la
bellezza deve ispirarsi al principio del valore interiore. L’unica
misura della bellezza è la grandezza e necessità interiore.
È bello ciò che è interiormente bello”. Il
“Paesaggio” di Corrao si voca alla contemplazione della
Natura come della Vita. Ci esorta alla riflessione, all’osservazione
e all’accoglimento di quel senso del mistero che Gaia porta in
grembo, percependo nella sua Potenza la scintilla divina presente in
tutti gli esseri viventi. Ammirare la Natura nell’arte, lasciarsi
condurre nell’estasi che una tale esperienza può generare,
significa purificarsi dai veleni prodotti da una società malsana
al fine di operare una profonda riconnessione ad una sacralità
perduta.
Amalia De Luca
PAESAGGIO
Su d’una collinetta di terra e sabbia
nel silenzio
tra selvatici alberi di fichi
aloe sparse
praticelli spinosi rosseggianti
di lorepetalum e genziana
nell’ampio golfo di Castellammare
da una casetta bianca e azzurra
di campagna
io e mio fratello guardavamo il mare
la larga striscia di sabbia d’oro
fino al morir del giorno;
a volte si levava il vento
di tramontana
che giocava a fare il girotondo
col grecale;
allora le onde spumate di bianco
invadevano la sabbia d’oro
e la riportavano al largo
con sassi colorati
e gusci duri di conchiglie.
Sono tornata là
coi miei ricordi di bambina
con i nostri giochi e le speranze accese
tutto è scomparso
distrutto dal cemento delle case
dai piloni dell’autostrada.
Ma ancora lontano splende il sole
e quando dolcemente
si nasconde dietro l’orizzonte
tra ardenti cumuli di sogni
lascia in cielo una luna spenta.
Aldo Gerbino
E IL MARE
[Da “Il nuotatore incerto”, 2002]
un fregio per Elio
E il mare, la fuga, la triste voracità degli occhi,
e il turgore, le foglie, la levità precipite,
il gorgo dell’acqua, le occhiaie della notte:
poi il volo dell’upupa.
Palermo 25/02/2020
Serena Lao
ILLUSORI DECLINI
Flutti sorgenti
da placide acque spumose
come carezza
sfiorate l’anima
e gorgogliando dolcemente
- simili a positivi ideali -
lambite il mio mare
in un’apoteosi sublime
di ascetiche percezioni.
Poi - all’improvviso -
i pensieri divengono cupi
muta la prospettiva
il buio avvolge ogni cosa
le onde s’increspano
la furia sconvolge
apparenti certezze di quiete.
Il male - appagato -
inonda lidi e vallate
illusori declini arrestano
il corso di miti presagi.
Imperversa la natura ostile
in un turbinio impetuoso
di nichilistiche attese
mentre vaghe speranze
- nella frenesia irrazionale
di umana conservazione -
auspicano istanti di tregua
ancor troppo lontani
dalla meta agognata.
Piero Longo
Nel paesaggio di Elio Corrao si materializza l’intenzione più
spinosa degli stessi segni realistici che, mostrando la condizione di
un orizzonte negato perché prigioniero e quasi irraggiungibile,
non nega
però la speranza. Le rocce e il cielo raccontano con il livido
sguardo affidato ai colori più freddi, il naufragio e la degradata
bellezza di un approdo alla terra abbandonata e che aspetta sempre di
accogliere ogni uomo che giungesse per trovarvi un rifugio. Un sapiente
gioco cromatico che suggerisce, come in una fotografia sbiadita, il
rigoglio e i colori di un tempo felice di cui resta l’ombra, l’orma
affidata alla sabbia giallina che ricorda e attende il ritorno del sole.
Gabriella Lupinacci
Nella culla protetta di una baia sicura, la brezza spira dal mare.
Profuma di salsedine e alghe marine.
Cartocci di sabbia e terra, ciuffi di alimo e cappero, donano calore
ad un cielo ridente di foschia, mentre furtivi angeli sbirciano vaganti
attorno al sole e ci donano forza, luce e bellezza per non cedere all’umana
debolezza.
L’eco sognante trova spazio dentro di noi e si sedimenta pian
piano per
rimanerci vicino, anche quando saremo lontani.
Vito Mauro
CONTEMPLAZIONI SOLITARIE
Tra quiete e movimento
un unico colore con il cielo
in un sereno amplesso con il sole.
Rimanere nella propria isola
o mettersi in viaggio
in cerca di avventura
con coraggio e speranza
fra abissi e vortici
sempre in agguato,
intanto la tua anima
si riflette nel tuo spicchio di mare.
Gugliemo Peralta
CORRISPONDENZE
Col respiro del mare sogna l’albero
il suo primo albore
Si colora di rosa la sua chioma
Dove nidifica la vita
Esso non sa di nature morte
Ma solo di creature
Dell’acqua, dell’aria, della terra
Non ama le lingue di fuoco
Ma il linguaggio degli uccelli dei pesci dei fiori
Tra i rami fiorisce
Il canto della natura
Tracima nelle fronde l’azzurro
E un poema è il silenzio che traspira
Dal colore
Culla dell’Infinito
Germogliano nella tenue luce e tra le nuvole leggere
Segrete costellazioni
E l’albero che le contempla
Cresce
Nello sguardo del pittore
Eliotropo girasole
In una notte di stupore
Ida Rampolla del Tindaro
Nel quadro, l’alternarsi dei colori dalle delicate sfumature e
dei piani che si sovrappongono e si susseguono creano una originale
visione prospettica e cromatica ricca di significati. Il filone di agavi
in primo piano sembrerebbe rievocare una natura mediterranea e desertica
nello stesso tempo: il verde dei cespugli non è sempre squillante,
ma si alterna a venature opache e quasi spente, mentre il terreno, di
un insolito colore roseo, fa pensare a una natura arida, anche se non
desolata. L’apparente immagine desertica è infatti attenuata
dalle macchie verdi che rappresentano sempre un’affermazione di
vita. Ma la policromia è filtrata attraverso una stesura modulata
in cui un tono trapassa impercettibilmente in un altro creando una visione
quasi onirica e irreale. Il sentiero di cui non si scorge la fine invita
a guardare verso l’ignoto e verso l’infinito, rappresentato
anche dai vasti orizzonti. Anche i monti, di un azzurro irreale che
si confonde col cielo e forse col mare e i prati dalle diverse gradazioni
di verde esprimono, attraverso i loro colori delicati e sfumati, una
trasfigurazione poetica del paesaggio in cui immanenza e trascendenza
sembrano fondersi. Realismo e mistero sono espressi dunque con una complessa
simbologia cromatica in cui le immagini sfumate dalle venature di raccolto
intimismo sembrano sconfinare quasi nell’astrattismo ma creano
soprattutto una scenografia paesaggistica misteriosa e suggestiva.
Tommaso Romano
A ELIO CORRAO
Giungere al cuore
dell’originario fondamento
cromie nel destino
di un tempo rarefatto
immoto
apparentemente d’altre galassie
senza orma d’umano,
penetrarne il Mistero
e scoprire
che la bellezza languente
può rammemorare,
qui è ora,
che posare sguardo
alla visione
allevia il corso dei giorni,
informi.
Antonino Sala
L’opera del maestro Elio Corrao è sempre intrisa di emozioni
intense ed al contempo delicate che esprimono la profonda spiritualità
dell’autore espressa con libertà ed ingegno, tra forme
classiche e moderne. In particolare questa opera ritrae un fotogramma
dell’interiorità dell’autore con quella serenità
che la maturità di un grande artista sa cogliere e rioffrire
a chi sa osservare con cuore aperto. Lo stesso soggetto, familiare a
noi palermitani, viene rappresentato come un luogo dello spirito: sereno,
familiare e intrinsecamente bello; un approdo naturale, accogliente
e limpido protetto da una torre in pietra, metafora della fortezza interiore
che caratterizza Corrao. Il mare che simbolicamente
unisce e arricchisce la vita di chi arriva in questo luogo di scambio
ma anche di chi si appresta a salpare per la pesca o semplicemente per
un escursione, che in Corrao ha sempre la forma di un’avventura
claustrale alla scoperta di quel tesoro ermetico che emerge dal foro
interiore dell’animo umano. Il mercato diventa così luogo
di scambio reciproco, di arricchimento umano, uno spazio relazionale,
animato, chiassoso ed al contempo ordinato, avvolto dall’azzurro
intenso del cielo e del mare, racchiuso in una sfera emozionale che
esprime il senso di un opera che invita ad un attraversamento spirituale
per ascoltare e ammirare le forze pacifiche della natura inverarsi nell’attività
umana tradizionale in una borgata marinara dalla quale prima o
poi passeremo tutti.
Pino Schifano
Novello “Viandante” benché fuor del dipinto, vi percorro
d’un lampo il cammino della mia vita e m’immergo, stupito,
nell’onde ariose di colori che lo animano.
Patriottici pedagogismi, giovanili esuberanze, il fiorente rigoglio
dell’età matura, l’ampio distendersi della luce familiare,
amicale, creativa. Come d’una consegna assolta.
Ma ecco il bosco folto di senili affanni e, cupo, il montano orizzonte
delineare il “passaggio” verso l’infinito azzurro…
Che non cela, ahimè, l’ombra del grande Mistero.
Mi sarà dolce naufragarvi?
Francesco Scorsone
Ti guardo e ricordo ancora l’esile fuscello che con tanta speranza
ricoprii di terra vergine le tue radici. Sei diventato forte e ombroso
ed io fragile e stanco mentre ti contemplo.
Vinny Scorsone
Il vento soffia e il cielo si fa tempesta. La notte arriva annunciata
dai borbottii delle nuvole mentre l’acqua s’agita ansiosa
e porta a riva storie d’uomini e di natura in un lento e continuo
sciabordio che logora la costa. Lascia parole mentre porta via sabbia
e roccia, lascia i colori del cielo chiedendo in cambio conchiglie.
L’ammophila arenaria sta a guardia, trattiene la polvere dorata
della spiaggia, si agita al vento guardando l’agropyrum junceum
che la saluta da lontano. Sparto e gramigna, sabbia e terra, mare e
cielo, tutto si plasma e muta nel continuo e incessante trascorrere
del tempo: ineluttabile caos calmo che presiede l’universo.
Ciro Spataro
Paesaggio come contemplazione. Mi sovviene questo concetto nell’osservare
il dipinto di Elio Corrao, laddove ti colpisce il soffuso prorompere
degli azzurri del cielo in perfetta sintonia con il mare di Sferracavallo.
E come se il pittore stesso dipinga il suo territorio per carpirne il
segreto che fa vibrare la sua creatività. Un senso di pace afferra
così il fruitore dell’opera che rimane coinvolto dalla
cura che l’artista mette per realizzare attraverso l’attenta
pulizia del colore il paesaggio delle proprie radici.
Giovanni Teresi
DALLE DELICATE PENNELLATE DEI COLORI CROMATICI DELLA NATURA.
L’opera pittorica di Elio Corrao infonde la musica del mare e
la solitudine nella naturale attesa.
“Il cielo si confonde con le azzurre acque.
Gli anfratti nascondono antichi eventi,
il loro fascino preistorico.
Vi affiorano dai fondali cocci di ricordi…
Il fluir lento del tempo
è nascondiglio dell’anima
tra le setose nuvole.
Qui, nella cattedrale dell’Eterno,
abita il vento,
il correre minuzioso dei secoli,
le gioiose carezze dell’onde
sui riverberi di luci,
la complessa essenza di vita
ch’attende…
Vincenzo Viscardi
L’opera di Elio Corrao rappresentata con la prospettiva centrale,
è concepita con una luce che mette in rilievo le componenti abiotiche
del paesaggio. La linea di terra, che volutamente, non riesce a delimitare,
il mare dalla montagna, con una fusione quasi monocromatica e con valore
collettivo caratterizza la colorazione azzurra del mare, il grigio che
tende all’azzurro delle montagne e del cielo azzurro chiaro, che
dà pace, e rimanda all’impressionismo. Nel territorio costiero
l’artista mette in evidenza l’ammophila, pianta caratteristica
dei luoghi sabbiosi litoranei adatta per consolidare le dune lungo le
spiagge contro l’azione erosiva del vento. Elio Corrao ripropone
il paesaggio, come recupero di una nuova cultura dell’habitat
naturale, sciolto e sottratto da ogni sopraffazione antropica.
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