GALLERIA D'ARTE STUDIO 71
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Rosalia la più bella

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Cattedrale di Palermo
dal 9 al 31 luglio 2015

Chiesa di San Sabastiano, Mistretta
dal 6 al 15 agosto

Cappella e Chiostri "S. Maria all'Arcivescovado" , Messina
dal 21 al 30 settembre 2015


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Antonella Affronti

ROSALIA LA PIU' BELLA
Antonella Affronti, Anna Balsamo, Alessandro Bronzini, Sebastiano Caracozzo, Aurelio Caruso, Tanina Cuccia, Enzo D’Alessandro, Angelo Denaro, Stella Febbraro, Naire Feo, Giovanni Gambino, Giuseppe Gargano, Kindia, Alessio Lo Prete, Pino Manzella, Daniela Marcianò, Laura Natangelo, Vanni Quadrio, Caterina Rao, Tiziana Viola Massa e Maria Stella Zangara.

L’idea di volere rendere omaggio alla nostra patrona è un pensiero abbastanza ricorrente in chi si occupa d'arte nella città di Palermo ma sopratutto sono gli artisti sempre i più disponibili ad affrontare questo tema. Nel passato, sia al santuario di Monte Pellegrino ma anche altrove le immagini più disparate della Santa si sono moltiplicate. Dalla splendida opera di Antoon Van Dyck (Santa Rosalia in gloria incoronata da due angeli) del 1624 eseguito - tanto per cambiare - su committenza privata per il nobile palermitano Antonio Ruffo (oggi al Metropolitan Museum of Art di New York) agli ex voto “bellissimi e preziosi” conservati al Museo Giuseppe Pitrè di Palermo situato nello splendido parco della Favorita. Immagini certamente cariche di devozione ma sempre legate a schemi molto precisi che vedono la Santa costantemente con il saio ora marrone, ora nero, qualche volta di marmo, d’oro o argento.
Ma Rosalia era una ragazza che potremmo definire modernissima per quel tempo prova ne sia il rifiuto (una delle tante ipotesi leggendarie del suo eremitaggio) opposto al padre di andare in sposa per volontà genitoriale ad un uomo che non amava: verità storica? Mistero o tradizione popolare? Gli artisti hanno scelto per la sua rappresentazione immagini diverse, spesso frutto della loro immaginazione come è nella tradizione. Della Santa infatti non si conosce il vero volto.
La mostra è presentata in catalogo da Francesco M. Scorsone. Testi di Loreto Capizzi, Presidente del Centro Diocesano Confraternite; di Mons. Salvatore Lo Monte, Delegato regionale per le Confraternite; di Mons. Filippo Sarullo, Parroco della Cattedrale di Palermo; di Rosalia Coniglio, segretaria del Centro Diocesano; di Vinny Scorsone, scrittrice e critico d'arte. Nel catalogo è inoltre riportato un estratto del testo di Claudio Alessandri (oggi scomparso) Rosalia tra mito, leggenda e tradizione popolare.
la mostra sarà inaugurata in Cattedrale a Palermo il 9 luglio ed sarà visitabile tutti i giorni negli orari di apertura della Cattedrale di Palermo fino al 31 luglio 2015.
Dal 6 al 15 agosto la mostra sarà esposta a Mistretta presso la chiesa di San Sebastiano, mentre dal 21 al 30 settembre 2015 sarà ospitata presso la cappella e i chiostri della chiesa di S. Maria all'Arcivescovado di Messina
con orario 16,30 - 20,00

L'apertura della mostra palermitana sarà preceduta:
ore 18.30
Conferenza del paleografo Girolamo Mazzola
Santa Rosalia "scende" dal monte
La nostra "Santuzza" fra tradizione, mistero e verità storica

ore 19.30
Concerto di musica sacra diretto dal compositore Bartolomeo Cosenza
saranno eseguiti i seguenti brani dedicati a Santa Rosalia
Il canto del disperato
Il canto dill'ammuri
Natasa Katài, Soprano - Serena Romano, Mezzosoprano - Gaia Romano, Mezzosoprano

ore 20,30
inaugurazione Rosalia la Più bella in mostra opere di: Antonella Affronti, Anna Balsamo, Alessandro Bronzini, Sebastiano Caracozzo, Aurelio Caruso, Tanina Cuccia, Enzo D’Alessandro, Angelo Denaro, Stella Febbraro, Naire Feo, Giovanni Gambino, Giuseppe Gargano, Kindia, Alessio Lo Prete, Pino Manzella, Daniela Marcianò, Laura Natangelo, Vanni Quadrio, Caterina Rao, Tiziana Viola Massa e Maria Stella Zangara.

 

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Rosalia la più bella
di Francesco M. Scorsone

Rosalia è un nome di etimologia controversa, forse germanico (gloria, fama) o derivato da nomi contenenti elementi legati al fiore “rosa” o forse anche ad una festa dei fiori di natura pagana con il significato “corona di rose”.
…. Il nome venne portato in Sicilia dai normanni, ma si diffuse dopo la metà del Seicento per la venerazione verso Santa Rosalia (patrona di Palermo) grazie alla quale il nome è ancora in massima parte concentrato nell’isola; nei paesi di lingua inglese venne introdotto nella seconda metà del XIX secolo. (*) (fonte wikipedia)
Non mi dilungo sulla etimologia e sulla provenienza del nome Rosalia, non è mio compito, a tale fine lascio giustamente spazio e campo agli storici per la sua disamina.
Ciò che mi preme, da palermitano quale sono, è l’aspetto religioso e devozionale legato al cosiddetto “fistinu”: una festa tutta palermitana che simboleggia la liberazione dalla peste che aveva colpito la popolazione della città, a seguito dell’attracco al porto di Palermo di una nave arrivata da Tunisi.
Il Vicerè Emanuele Filiberto, contro il parere del senato palermitano che sospettava la nave fosse già infetta da peste, ne consentì l’attracco perché - a detta degli storici – il bastimento era carico di mercanzie e doni (schiavi) proprio per Emanuele Filiberto da parte del Bey di Tunisi.
“U fistinu” si svolge in cinque giorni dal 10 al 15 luglio giornata nella quale viene portata in processione per le vie della città l’urna d’argento contenente le reliquie della Santuzza, come i palermitani chiamano Santa Rosalia.
Non c’è dubbio che nel corso dei secoli i festeggiamenti abbiano subito delle evoluzioni, ma le caratteristiche principali sono rimaste sempre le stesse.
Il “pezzo forte” è il carro trionfale, vera e propria opera d’arte. Il primo è stato realizzato nel 1686 ma nel tempo molti artisti hanno rivolto l’attenzione
sia alla struttura del carro stesso ma anche all’armamento.
Tra le firme internazionali recenti più significative troviamo nel 2007 l’artista greco Jannis Kounellis; il suo carro (a fianco) fu certamente tra i meno fantasiosi per la sua sobrietà: un vascello dipinto interamente di nero (metafora
della peste) che aveva una vela tempestata di cristalli Swarovski quale simbolo della rinascita.
La festa comincia al grido del sindaco della città che, offrendo un mazzo di rose alla Santa posta alla sommità del carro, pronuncia le parole:
“Viva Palermo e Santa Rosalia”.
L’idea di volere rendere omaggio alla nostra patrona è un pensiero che coltivo da molti anni. Nel passato, sia al santuario di Monte Pellegrino ma anche altrove, le immagini più disparate della Santa si sono moltiplicate. Dalla splendida opera di Antoon Van Dyck (Santa Rosalia in gloria incoronata da due angeli) del 1624 eseguito - tanto per cambiare - su committenza privata per il nobile palermitano Antonio Ruffo (oggi al Metropolitan Museum of Art di New York) agli ex voto “bellissimi e preziosi” conservati al Museo Giuseppe Pitrè di Palermo situato nello splendido parco della Favorita. Immagini certamente cariche di devozione ma sempre legate a schemi molto precisi che vedono la Santa costantemente con il saio ora marrone, ora nero, qualche volta di marmo, d’oro o argento.
Ma Rosalia era una ragazza che potremmo definire modernissima per quel tempo, prova ne sia il rifiuto (una delle tante ipotesi leggendarie del suo eremitaggio) opposto al padre di andare in sposa per volontà genitoriale ad un uomo che non amava.
Nella scelta degli autori (purtroppo limitata) ho voluto proprio cercare di dare un volto diverso, forse nuovo (quello vero non lo conosce nessuno) e debbo dire con mia somma soddisfazione che gli artisti hanno colto questo pensiero realizzando una Rosalia moderna, di questi giorni, vicina soprattutto per abbigliamento e per religiosità ai nostri giovani, a coloro i quali incontriamo giorno dopo giorno ovunque.
Forse hanno scelto modelle e/o familiari o ancora immagini del proprio subconscio o della propria religiosità. Ma questo poco importa. Rosalia (un nome che mi è diventato particolarmente familiare) è anche questa e cioè quella dipinta da: Antonella Affronti, Anna Balsamo, Alessandro Bronzini, Sebastiano Caracozzo, Aurelio Caruso, Tanina Cuccia, Enzo D’Alessandro, Angelo Denaro, Stella Febbraro, Naire Feo, Giovanni Gambino, Giuseppe Gargano, Kindia, Alessio Lo Prete, Pino Manzella, Daniela Marcianò, Laura Natangelo, Vanni Quadrio, Caterina Rao, Tiziana Viola Massa e Maria Stella Zangara.

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Rosalia fulgida gemma
di Vinny Scorsone

La più antica immagine di Santa Rosalia che io conosca risale al XIII secolo ed è conservata al museo Diocesano di Palermo. Si tratta di un’icona di scuola sicula-bizantina proveniente dalla chiesa della Martorana del capoluogo siciliano che ritrae la santa (così recita la scritta al suo lato) insieme a S. Oliva, S. Venera e S. Elia. Tale “inscrizione” appare alquanto insolita e stimola lo spettatore a porsi inevitabilmente delle domande, una fra tutte: ma Rosalia quando è divenuta Santa? Seppur difatti il culto ufficiale della Santuzza sia stato autorizzato solo a partire dal 1625 e la chiesa proclamò Rosalia santa soltanto nel 1630, curiosamente non mancano testimonianze antecedenti a quella data, segno che tra la gente, anche di alto lignaggio, l’affezione per la giovane eremita era davvero importante. A testimonianza di ciò vi sono documenti che attestano l’edificazione di chiese a lei dedicate, inoltre, tra le opere pittoriche che ci sono pervenute vi sono alcune tavole risalenti al XIV e XV secolo conservate al museo Nazionale di Pisa. Di fattura differente è la singolare rappresentazione della santa dipinta da Antonello da Messina (datata intorno al 1450) nella quale sono evidenti i rimandi alla cultura fiamminga, cultura alla quale Antonello era molto legato. Non dimentichiamo neanche la Santa Rosalia dipinta da Riccardo Quartararo all’inizio del XVI secolo e oggi conservata alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo. Per incontrare però l’iconografia “tradizionale” della giovane eremita dobbiamo aspettare il 1600. Del 1624 difatti è il primo ritratto ufficiale voluto dal senato palermitano.
Da allora molti pittori hanno rappresentato la Santa. Tra gli artisti che nel corso dei secoli si sono accostati alla sacra effige ricordiamo Antoon Van Dick, Pier Paolo Rubens, Mattia Preti, Luca Giordano, Vito D’Anna, Giuseppe Velasco etc. fino ad arrivare a Renato Guttuso. Numerosi sono stati anche gli scultori da Gregorio Tedeschi, Vincenzo Vitaliano, Nunzio la Mattina, Carlo D’Aprile solo per citare alcuni.
Nel tempo l’iconografia della santa è variata sia nel vestiario sia nell’ambientazione eppure una cosa è rimasta, un tratto distintivo che la rende riconoscibile: la corona di rose.
Le opere che oggi sono esposte in cattedrale mostrano una Rosalia giovane e fiera a volte controcorrente ma sempre con l’immancabile richiamo alla rosa (tranne che nell’opera di Laura Natangelo, dal forte rimando rinascimentale, in cui la Santa si manifesta esclusivamente in virtù dell’identificazione della sagoma del Montepellegrino).
Appartengono a Daniela Marcianò, a Caterina Rao, a Kindia e a Tiziana Viola Massa le tele più provocatorie e provocanti in mostra. Giovani donne fatte di carne più che di spirito prorompono con la loro carica dalla superficie del quadro. Mentre in Kindia il teschio è divenuto un tatuaggio, il crocifisso un rosario ornamentale e la corona di rose una ghirlanda, in Caterina Rao la Santa sembra appartenere alla generazione degli anni Settanta, una figlia dei fiori pregna di vita in piena armonia col mondo. Per Daniela Marcianò, invece, ella è la polena che protegge la navigazione nel burrascoso mare dell’esistenza, è la purezza, la dea che diffonde il suo spirito nello spazio modificandolo e facendolo vibrare di energia linfatica. Palpitante è la Rosalia di Tiziana Viola Massa. Ancora stordita da un amplesso amoroso/spirituale (come la Santa Teresa di Bernini) ella porta in/sul grembo il teschio (come se fosse gravida delle sofferenze che l’amore di Dio potrà arrecarle) e al petto la rosa (poiché quelle sofferenze altro non sono se non un atto d’amore).
Più sofisticata è invece la Rosalia di Vanni Quadrio. I capelli acconciati, il teschio tra le mani e al dito la “fulgidissima gemma” un richiamo alla preghiera più nota dedicata alla Santa non scevro di una nota ironica.
Le rose occupano un ruolo preponderante nel quadro di Naire Feo. La corona di rose aleggia sul Montepellegrino narrandoci di luoghi e simboli entrati prepotentemente nell’animo di ogni palermitano.
Il simbolo diviene parte principale anche nell’opera di Giovanni Gambino. La rosa ci narra di Rosalia del suo mare e di una tradizione che si rinnova da centinaia di anni. Lettere, rose e onde così come accade nell’opera di Pino Manzella. Una Rosalia ribelle e sicura di sé è la sua che attraversa la storia e la riscrive abbandonando la sua terra natia salvo poi ritornarci. In Alessio Lo Prete invece la rosa riprende la forma di corona, una corona che vibra di colore così come quel particolare sfuggente del suo volto. Lo sguardo non posa proteso verso il Paradiso in una promessa sottintesa.
Una Rosalia atipica è quella di Aurelio Caruso, dai tratti somatici stranieri in una terra generosa ma impotente. Una Santa universale che non conosce regionalismi o nazionalità carica di drammi e morti e ingiustizie.
Rievocanti la tradizione invece appaiono le opere di Tanina Cuccia, Stella Febbraro e Maria Stella Zangara. Quest’ultima si riallaccia alle assunzioni in cielo tipiche dell’iconografia cattolica. Rosalia è innalzata dagli angeli ed inondata dalla luce divina. Il movimento ascendente si innesta nell’andamento tortile e avvolgente dello Spirito Santo. Stella Febbraro riecheggia l’iconografia classica della Santa che la vede con il giglio, il teschio e la corona di Rose così come accade nell’opera di Tanina Cuccia eppure sono opere profondamente differenti, non solo per i periodi presi a modello ma soprattutto per l’approccio alla materia sacra. Mentre l’opera della Febbraro, difatti, sembra una rappresentazione scenica in cui l’immagine antica viene modernizzata e resa teatrale, quella della Cuccia invece risponde ad una spiritualità meno ostentata, più composta e meno artefatta in cui la Santa sembra acquisire anche delle caratteristiche orientali.
Un altro aspetto che è stato affrontato dagli artisti è quello tra Santa Rosalia e la sua città .
Alessandro Bronzini, Giuseppe Gargano, Angelo Denaro e Anna Balsamo hanno voluto sottolineare questo legame molto forte che lega la gente alla sua Santa, anzi alla sua Santuzza, come sembra suggerirci Anna Balsamo con la sua opera che richiama alla mente la freschezza di certi ex voto così come allo stesso modo fa Giuseppe Gargano. Santa Patrona è invece la Rosalia Settecentesca di Bronzini che domina la città intera dal suo monte, ammantata da un velo azzurro che rende Montepellegrino quasi un’isola. Di Palermo ci parla anche il dipinto di Angelo Denaro, dei suoi monumenti, dei saraceni di Porta Nuova e ancora i simboli di quell’immagine sacra che tanto cara è alla gente.
Un’immagine differente è invece quella offertaci da Sebastiano Caracozzo. La sua Rosalia non ha nemmeno uno dei simboli citati finora, solo qualche fiore indistinto. La sua eremita è “preziosa”, intessuta di quella nobiltà terrena di cui si spogliò per abbracciare quella spirituale.
Di tutt’altro genere è la Santuzza di Antonella Affronti. In lei c’è un modo affettuoso di trattare la Santa. Sembra quasi una ragazzina ricoperta d’acqua, la stessa acqua che trasuda dalle pareti della sua grotta in cui angeli rocciosi la vegliano e la confortano nel suo lungo eremitaggio.
Lo squarcio della luce divina investe il mondo circostante, i suoi resti. Enzo D’Alessandro fa affiorare dalla superficie pittorica e materica l’immagine della Santa donandole una nuova epifania.
Una mostra complessa e varia è questa che offre al visitatore numerosi spunti di riflessione.

 


 

 


Anna Balsamo


Alessandro Bronzini



Sebastiano Caracozzo


Aurelio Caruso

 


Tanina Cuccia


Enzo D'Alessandro

 


Angelo Denaro

Stella Febbraro

 


Naire Feo

Giovanni Gambino

 


Giuseppe Gargano

Kindia

 


Alessio Lo Prete


Pino Manzella

 


Daniela Marcianò

Laura Natangelo

 


Vanni Quadrio

Caterina Rao

 


Tiziana Viola Massa

Maria Stella Zangara