ROSALIA LA PIU' BELLA
Antonella Affronti, Anna Balsamo, Alessandro Bronzini, Sebastiano Caracozzo,
Aurelio Caruso, Tanina Cuccia, Enzo D’Alessandro, Angelo Denaro,
Stella Febbraro, Naire Feo, Giovanni Gambino, Giuseppe Gargano, Kindia,
Alessio Lo Prete, Pino Manzella, Daniela Marcianò, Laura Natangelo,
Vanni Quadrio, Caterina Rao, Tiziana Viola Massa e Maria Stella Zangara.
L’idea di volere rendere
omaggio alla nostra patrona è un pensiero abbastanza ricorrente
in chi si occupa d'arte nella città di Palermo ma sopratutto
sono gli artisti sempre i più disponibili ad affrontare questo
tema. Nel passato, sia al santuario di Monte Pellegrino ma anche altrove
le immagini più disparate della Santa si sono moltiplicate. Dalla
splendida opera di Antoon Van Dyck (Santa Rosalia in gloria incoronata
da due angeli) del 1624 eseguito - tanto per cambiare - su committenza
privata per il nobile palermitano Antonio Ruffo (oggi al Metropolitan
Museum of Art di New York) agli ex voto “bellissimi e preziosi”
conservati al Museo Giuseppe Pitrè di Palermo situato nello splendido
parco della Favorita. Immagini certamente cariche di devozione ma sempre
legate a schemi molto precisi che vedono la Santa costantemente con
il saio ora marrone, ora nero, qualche volta di marmo, d’oro o
argento.
Ma Rosalia era una ragazza che potremmo definire modernissima per quel
tempo prova ne sia il rifiuto (una delle tante ipotesi leggendarie del
suo eremitaggio) opposto al padre di andare in sposa per volontà
genitoriale ad un uomo che non amava: verità storica? Mistero
o tradizione popolare? Gli artisti hanno scelto per la sua rappresentazione
immagini diverse, spesso frutto della loro immaginazione come è
nella tradizione. Della Santa infatti non si conosce il vero volto.
La mostra è presentata in catalogo da Francesco M. Scorsone.
Testi di Loreto Capizzi, Presidente del Centro Diocesano Confraternite;
di Mons. Salvatore Lo Monte, Delegato regionale per le Confraternite;
di Mons. Filippo Sarullo, Parroco della Cattedrale di Palermo; di Rosalia
Coniglio, segretaria del Centro Diocesano; di Vinny Scorsone, scrittrice
e critico d'arte. Nel catalogo è inoltre riportato un estratto
del testo di Claudio Alessandri (oggi scomparso) Rosalia tra mito, leggenda
e tradizione popolare.
la mostra sarà inaugurata in Cattedrale a Palermo il 9 luglio
ed sarà visitabile tutti i giorni negli orari di apertura della
Cattedrale di Palermo fino al 31 luglio 2015.
Dal 6 al 15 agosto la mostra sarà esposta a Mistretta presso
la chiesa di San Sebastiano, mentre dal 21 al 30 settembre 2015 sarà
ospitata presso la cappella e i chiostri della chiesa di S. Maria all'Arcivescovado
di Messina con orario 16,30 - 20,00
L'apertura della mostra palermitana sarà preceduta:
ore 18.30
Conferenza del paleografo Girolamo Mazzola
Santa Rosalia "scende" dal monte
La nostra "Santuzza" fra tradizione, mistero e verità
storica
ore 19.30
Concerto di musica sacra diretto dal compositore Bartolomeo Cosenza
saranno eseguiti i seguenti brani dedicati a Santa Rosalia
Il canto del disperato
Il canto dill'ammuri
Natasa Katài, Soprano - Serena Romano, Mezzosoprano - Gaia Romano,
Mezzosoprano
ore 20,30
inaugurazione Rosalia la Più bella in mostra opere di: Antonella
Affronti, Anna Balsamo, Alessandro Bronzini, Sebastiano Caracozzo, Aurelio
Caruso, Tanina Cuccia, Enzo D’Alessandro, Angelo Denaro, Stella
Febbraro, Naire Feo, Giovanni Gambino, Giuseppe Gargano, Kindia, Alessio
Lo Prete, Pino Manzella, Daniela Marcianò, Laura Natangelo, Vanni
Quadrio, Caterina Rao, Tiziana Viola Massa e Maria Stella Zangara.
-----------------------------------------------------
Rosalia la più bella
di Francesco M. Scorsone
Rosalia è un nome di etimologia
controversa, forse germanico (gloria, fama) o derivato da nomi contenenti
elementi legati al fiore “rosa” o forse anche ad una festa
dei fiori di natura pagana con il significato “corona di rose”.
…. Il nome venne portato in Sicilia dai normanni, ma si diffuse
dopo la metà del Seicento per la venerazione verso Santa Rosalia
(patrona di Palermo) grazie alla quale il nome è ancora in massima
parte concentrato nell’isola; nei paesi di lingua inglese venne
introdotto nella seconda metà del XIX secolo. (*) (fonte wikipedia)
Non mi dilungo sulla etimologia e sulla provenienza del nome Rosalia,
non è mio compito, a tale fine lascio giustamente spazio e campo
agli storici per la sua disamina.
Ciò che mi preme, da palermitano quale sono, è l’aspetto
religioso e devozionale legato al cosiddetto “fistinu”:
una festa tutta palermitana che simboleggia la liberazione dalla peste
che aveva colpito la popolazione della città, a seguito dell’attracco
al porto di Palermo di una nave arrivata da Tunisi.
Il Vicerè Emanuele Filiberto, contro il parere del senato palermitano
che sospettava la nave fosse già infetta da peste, ne consentì
l’attracco perché - a detta degli storici – il bastimento
era carico di mercanzie e doni (schiavi) proprio per Emanuele Filiberto
da parte del Bey di Tunisi.
“U fistinu” si svolge in cinque giorni dal 10 al 15 luglio
giornata nella quale viene portata in processione per le vie della città
l’urna d’argento contenente le reliquie della Santuzza,
come i palermitani chiamano Santa Rosalia.
Non c’è dubbio che nel corso dei secoli i festeggiamenti
abbiano subito delle evoluzioni, ma le caratteristiche principali sono
rimaste sempre le stesse.
Il “pezzo forte” è il carro trionfale, vera e propria
opera d’arte. Il primo è stato realizzato nel 1686 ma nel
tempo molti artisti hanno rivolto l’attenzione
sia alla struttura del carro stesso ma anche all’armamento.
Tra le firme internazionali recenti più significative troviamo
nel 2007 l’artista greco Jannis Kounellis; il suo carro (a fianco)
fu certamente tra i meno fantasiosi per la sua sobrietà: un vascello
dipinto interamente di nero (metafora
della peste) che aveva una vela tempestata di cristalli Swarovski quale
simbolo della rinascita.
La festa comincia al grido del sindaco della città che, offrendo
un mazzo di rose alla Santa posta alla sommità del carro, pronuncia
le parole:
“Viva Palermo e Santa Rosalia”.
L’idea di volere rendere omaggio alla nostra patrona è
un pensiero che coltivo da molti anni. Nel passato, sia al santuario
di Monte Pellegrino ma anche altrove, le immagini più disparate
della Santa si sono moltiplicate. Dalla splendida opera di Antoon Van
Dyck (Santa Rosalia in gloria incoronata da due angeli) del 1624 eseguito
- tanto per cambiare - su committenza privata per il nobile palermitano
Antonio Ruffo (oggi al Metropolitan Museum of Art di New York) agli
ex voto “bellissimi e preziosi” conservati al Museo Giuseppe
Pitrè di Palermo situato nello splendido parco della Favorita.
Immagini certamente cariche di devozione ma sempre legate a schemi molto
precisi che vedono la Santa costantemente con il saio ora marrone, ora
nero, qualche volta di marmo, d’oro o argento.
Ma Rosalia era una ragazza che potremmo definire modernissima per quel
tempo, prova ne sia il rifiuto (una delle tante ipotesi leggendarie
del suo eremitaggio) opposto al padre di andare in sposa per volontà
genitoriale ad un uomo che non amava.
Nella scelta degli autori (purtroppo limitata) ho voluto proprio cercare
di dare un volto diverso, forse nuovo (quello vero non lo conosce nessuno)
e debbo dire con mia somma soddisfazione che gli artisti hanno colto
questo pensiero realizzando una Rosalia moderna, di questi giorni, vicina
soprattutto per abbigliamento e per religiosità ai nostri giovani,
a coloro i quali incontriamo giorno dopo giorno ovunque.
Forse hanno scelto modelle e/o familiari o ancora immagini del proprio
subconscio o della propria religiosità. Ma questo poco importa.
Rosalia (un nome che mi è diventato particolarmente familiare)
è anche questa e cioè quella dipinta da: Antonella Affronti,
Anna Balsamo, Alessandro Bronzini, Sebastiano Caracozzo, Aurelio Caruso,
Tanina Cuccia, Enzo D’Alessandro, Angelo Denaro, Stella Febbraro,
Naire Feo, Giovanni Gambino, Giuseppe Gargano, Kindia, Alessio Lo Prete,
Pino Manzella, Daniela Marcianò, Laura Natangelo, Vanni Quadrio,
Caterina Rao, Tiziana Viola Massa e Maria Stella Zangara.
-----------------------------------------------------------------------
Rosalia fulgida gemma
di Vinny Scorsone
La più antica immagine di Santa
Rosalia che io conosca risale al XIII secolo ed è conservata
al museo Diocesano di Palermo. Si tratta di un’icona di scuola
sicula-bizantina proveniente dalla chiesa della Martorana del capoluogo
siciliano che ritrae la santa (così recita la scritta al suo
lato) insieme a S. Oliva, S. Venera e S. Elia. Tale “inscrizione”
appare alquanto insolita e stimola lo spettatore a porsi inevitabilmente
delle domande, una fra tutte: ma Rosalia quando è divenuta Santa?
Seppur difatti il culto ufficiale della Santuzza sia stato autorizzato
solo a partire dal 1625 e la chiesa proclamò Rosalia santa soltanto
nel 1630, curiosamente non mancano testimonianze antecedenti a quella
data, segno che tra la gente, anche di alto lignaggio, l’affezione
per la giovane eremita era davvero importante. A testimonianza di ciò
vi sono documenti che attestano l’edificazione di chiese a lei
dedicate, inoltre, tra le opere pittoriche che ci sono pervenute vi
sono alcune tavole risalenti al XIV e XV secolo conservate al museo
Nazionale di Pisa. Di fattura differente è la singolare rappresentazione
della santa dipinta da Antonello da Messina (datata intorno al 1450)
nella quale sono evidenti i rimandi alla cultura fiamminga, cultura
alla quale Antonello era molto legato. Non dimentichiamo neanche la
Santa Rosalia dipinta da Riccardo Quartararo all’inizio del XVI
secolo e oggi conservata alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis
a Palermo. Per incontrare però l’iconografia “tradizionale”
della giovane eremita dobbiamo aspettare il 1600. Del 1624 difatti è
il primo ritratto ufficiale voluto dal senato palermitano.
Da allora molti pittori hanno rappresentato la Santa. Tra gli artisti
che nel corso dei secoli si sono accostati alla sacra effige ricordiamo
Antoon Van Dick, Pier Paolo Rubens, Mattia Preti, Luca Giordano, Vito
D’Anna, Giuseppe Velasco etc. fino ad arrivare a Renato Guttuso.
Numerosi sono stati anche gli scultori da Gregorio Tedeschi, Vincenzo
Vitaliano, Nunzio la Mattina, Carlo D’Aprile solo per citare alcuni.
Nel tempo l’iconografia della santa è variata sia nel vestiario
sia nell’ambientazione eppure una cosa è rimasta, un tratto
distintivo che la rende riconoscibile: la corona di rose.
Le opere che oggi sono esposte in cattedrale mostrano una Rosalia giovane
e fiera a volte controcorrente ma sempre con l’immancabile richiamo
alla rosa (tranne che nell’opera di Laura Natangelo, dal forte
rimando rinascimentale, in cui la Santa si manifesta esclusivamente
in virtù dell’identificazione della sagoma del Montepellegrino).
Appartengono a Daniela Marcianò, a Caterina Rao, a Kindia e a
Tiziana Viola Massa le tele più provocatorie e provocanti in
mostra. Giovani donne fatte di carne più che di spirito prorompono
con la loro carica dalla superficie del quadro. Mentre in Kindia il
teschio è divenuto un tatuaggio, il crocifisso un rosario ornamentale
e la corona di rose una ghirlanda, in Caterina Rao la Santa sembra appartenere
alla generazione degli anni Settanta, una figlia dei fiori pregna di
vita in piena armonia col mondo. Per Daniela Marcianò, invece,
ella è la polena che protegge la navigazione nel burrascoso mare
dell’esistenza, è la purezza, la dea che diffonde il suo
spirito nello spazio modificandolo e facendolo vibrare di energia linfatica.
Palpitante è la Rosalia di Tiziana Viola Massa. Ancora stordita
da un amplesso amoroso/spirituale (come la Santa Teresa di Bernini)
ella porta in/sul grembo il teschio (come se fosse gravida delle sofferenze
che l’amore di Dio potrà arrecarle) e al petto la rosa
(poiché quelle sofferenze altro non sono se non un atto d’amore).
Più sofisticata è invece la Rosalia di Vanni Quadrio.
I capelli acconciati, il teschio tra le mani e al dito la “fulgidissima
gemma” un richiamo alla preghiera più nota dedicata alla
Santa non scevro di una nota ironica.
Le rose occupano un ruolo preponderante nel quadro di Naire Feo. La
corona di rose aleggia sul Montepellegrino narrandoci di luoghi e simboli
entrati prepotentemente nell’animo di ogni palermitano.
Il simbolo diviene parte principale anche nell’opera di Giovanni
Gambino. La rosa ci narra di Rosalia del suo mare e di una tradizione
che si rinnova da centinaia di anni. Lettere, rose e onde così
come accade nell’opera di Pino Manzella. Una Rosalia ribelle e
sicura di sé è la sua che attraversa la storia e la riscrive
abbandonando la sua terra natia salvo poi ritornarci. In Alessio Lo
Prete invece la rosa riprende la forma di corona, una corona che vibra
di colore così come quel particolare sfuggente del suo volto.
Lo sguardo non posa proteso verso il Paradiso in una promessa sottintesa.
Una Rosalia atipica è quella di Aurelio Caruso, dai tratti somatici
stranieri in una terra generosa ma impotente. Una Santa universale che
non conosce regionalismi o nazionalità carica di drammi e morti
e ingiustizie.
Rievocanti la tradizione invece appaiono le opere di Tanina Cuccia,
Stella Febbraro e Maria Stella Zangara. Quest’ultima si riallaccia
alle assunzioni in cielo tipiche dell’iconografia cattolica. Rosalia
è innalzata dagli angeli ed inondata dalla luce divina. Il movimento
ascendente si innesta nell’andamento tortile e avvolgente dello
Spirito Santo. Stella Febbraro riecheggia l’iconografia classica
della Santa che la vede con il giglio, il teschio e la corona di Rose
così come accade nell’opera di Tanina Cuccia eppure sono
opere profondamente differenti, non solo per i periodi presi a modello
ma soprattutto per l’approccio alla materia sacra. Mentre l’opera
della Febbraro, difatti, sembra una rappresentazione scenica in cui
l’immagine antica viene modernizzata e resa teatrale, quella della
Cuccia invece risponde ad una spiritualità meno ostentata, più
composta e meno artefatta in cui la Santa sembra acquisire anche delle
caratteristiche orientali.
Un altro aspetto che è stato affrontato dagli artisti è
quello tra Santa Rosalia e la sua città .
Alessandro Bronzini, Giuseppe Gargano, Angelo Denaro e Anna Balsamo
hanno voluto sottolineare questo legame molto forte che lega la gente
alla sua Santa, anzi alla sua Santuzza, come sembra suggerirci Anna
Balsamo con la sua opera che richiama alla mente la freschezza di certi
ex voto così come allo stesso modo fa Giuseppe Gargano. Santa
Patrona è invece la Rosalia Settecentesca di Bronzini che domina
la città intera dal suo monte, ammantata da un velo azzurro che
rende Montepellegrino quasi un’isola. Di Palermo ci parla anche
il dipinto di Angelo Denaro, dei suoi monumenti, dei saraceni di Porta
Nuova e ancora i simboli di quell’immagine sacra che tanto cara
è alla gente.
Un’immagine differente è invece quella offertaci da Sebastiano
Caracozzo. La sua Rosalia non ha nemmeno uno dei simboli citati finora,
solo qualche fiore indistinto. La sua eremita è “preziosa”,
intessuta di quella nobiltà terrena di cui si spogliò
per abbracciare quella spirituale.
Di tutt’altro genere è la Santuzza di Antonella Affronti.
In lei c’è un modo affettuoso di trattare la Santa. Sembra
quasi una ragazzina ricoperta d’acqua, la stessa acqua che trasuda
dalle pareti della sua grotta in cui angeli rocciosi la vegliano e la
confortano nel suo lungo eremitaggio.
Lo squarcio della luce divina investe il mondo circostante, i suoi resti.
Enzo D’Alessandro fa affiorare dalla superficie pittorica e materica
l’immagine della Santa donandole una nuova epifania.
Una mostra complessa e varia è questa che offre al visitatore
numerosi spunti di riflessione.
|