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“Virgo et Virago”
a cura di Vinny Scorsone
Antonella Affronti, Daniela Balsamo,
Paolo Baratella, Pierluigi Berto, Ilaria Caputo, Aurelio Caruso, Pina
Cirino, Filli Cusenza, Giuseppa D’Agostino, Angelo Denaro, Roberto
Fontana, Kindia, Pino Manzella, Malena Mazza, Nico Nardomarino, Franco
Nocera, Luca Patrone, Salvatore Pizzo, Vanni Quadrio, Rosaria Randazzo,
Giuseppina Riggi, Euro Rotelli, Giusto Sucato, TrapaniCalabretta,
Elide Triolo, Tiziana Viola Massa
L’esposizione si focalizza principalmente sulla trasmissione
di un messaggio di uguaglianza che travalica il discorso prettamente
femminile estendendosi a tutte quelle categorie sociali soggette a
discriminazioni; per far ciò, si è scelto, provocatoriamente,
di “indagare” la donna da due angolazioni opposte, quella
della vittima (virgo) e quella della carnefice (virago).
Due concezioni, due modi di essere opposti che, a volte, dimorano
in un unico corpo.
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Ho cucito tradimenti, umiliazioni e ferite. Le ho
cucite sulla mia pelle affinché non le dimenticassi.
Il mio passo si è fatto incerto e corto e il mio fiato freddo.
Trentatré corde mi tengono legata.
Soffoco.
Ho provato a gridare ma la voce s’è fatta silenzio.
Colpita a morte, il mio corpo si è rialzato ma Io non c’ero
già più.
“Stupida!”, grida. Il suo sguardo è crudele e tagliente.
“Stupida”, mi ripete e io la guardo immobile, impotente;
altra me, mio doppio.
Sento il suo passo sicuro che mi ruota attorno e ogni passo rimbomba
nella mia testa, freddo e cadenzato.
Il mio specchio è andato in frantumi ed io con esso.
La tela è stata tessuta e le trappole ben preparate.
Il suo corpo è attento e addestrato.
Il fragile carnefice prepara il terreno, lo modella a suo piacimento;
altra me mio opposto.
Sedici frecce sono state preparate. L’arco è nascosto
ma la sua mano è pronta.
Gelo e fuoco la avvolgono.
Ciò che non sono, ciò che non sarò mai.
Il mio sguardo è vigile. Scruto ogni sua mossa, la prevedo
ma rimango ferma, attendo. Il mio scatto sarà fulmineo, il
mio piede veloce.
La paura s’è fatta forza; ultima paura, ultima forza.
Attendo.
La corda si allenta e i miei tendini si caricano di potenza.
Attendo…
La prima freccia risplende nel buio, ma io non ci sono più.
Chi è la vergine e chi la virago?
Chi è la vittima e chi il carnefice?
Due concezioni, due modi di essere opposti che, a volte, dimorano in
un unico corpo.
Nella nostra società, prevalentemente maschile, in cui quando
ci si riferisce alla donna spesso si mette in evidenza soprattutto l’aspetto
fisico (legandolo prevalentemente al sesso), si sottolinea la sua presunta
fragilità, la sua “naturale” propensione alla maternità,
l’idea di una donna forte e feroce, spesso nei confronti della
persona amata, arrivista e prevaricatrice, che rifiuta l’idea
stessa di essere madre, difficilmente è presa in considerazione.
In un mondo in cui la maggior parte delle donne si è evoluta
(in alcuni casi, purtroppo, andandosi mentalmente mascolinizzando),
la maggior parte degli uomini, invece, è rimasta ancorata alle
proprie abitudini e status; un radicamento di posizioni legato ancora
ad un concetto di prevaricazione e potenza soprattutto fisica nei confronti
di chi si ritiene inferiore.
Proprio per questo, oggi più di ieri si parla di femminicidio.
In realtà sarebbe più giusto parlare di violenza a prescindere.
È pur vero che molti delitti dipendono da una visione distorta
del concetto di amore (in quanto possesso - che è l’antitesi
dell’amore) e che frequentemente le donne sono le principali vittime
(spesso impotenti, defraudate dei più elementari diritti, della
libertà e del rispetto), ma non sempre è così semplice
e non sempre è così. Ci sono volte in cui le donne (a
torto o a ragione) sono accusate di efferati delitti. Il confine che
divide l’oggetto della violenza (sia fisica che psicologica) dal
soggetto che la violenza la compie, spesso è molto labile. Si
può essere vittima o carnefice o si può essere entrambi.
In una società in cui si insegna ipocritamente ai propri figli
maschi che una donna non si picchia neanche con un fiore, perché
è donna, sarebbe ora che si cominciasse ad insegnare che una
donna non si picchia perché è principalmente una persona.
Il mondo non si divide in uomini e donne, da un lato i cattivi dall’altro
i buoni, ma in esseri viventi. Ognuno ha in sé lo stesso identico
potenziale, la stessa carica generativa e distruttiva.
Certo non c’è dubbio che uomini e donne, femmine e maschi
siano innegabilmente differenti. Lo sono geneticamente e lo sono spiritualmente;
sviluppano caratteristiche, odori e sensualità unici, ruoli unici
e forse proprio per questo spesso si fa fatica a trovare un punto d’incontro.
Nonostante ciò, è soprattutto a causa di queste diversità
che la razza umana esiste.
Oggi, si sta rincorrendo, pericolosamente, un appiattimento delle differenze
non rendendosi conto che una società che plasma, che castra queste
stesse, sfruttandole molto spesso solo per aumentare il divario tra
i sessi e la sudditanza psicologica (sia da un lato che dall’altro),
porta inevitabilmente ad un’implosione.
Quando si comprenderà che proprio quelle stesse diversità
sono un arricchimento e non un difetto, allora saremo sulla buona strada
per una convivenza paritaria e civile nel rispetto delle regole e principalmente
dell’essere umano, a qualsiasi sesso esso appartenga.
Attualmente, ad esempio, si è ingabbiati in schemi mentali, che
rischiano di far divenire anche e soprattutto il sesso terreno di scontro
invece che di condivisione serena e giocosa.
Finché non si capirà che abbiamo bisogno l’uno dell’altro
e che non ci deve essere nessuna competizione tra i sessi bensì
collaborazione, allora continueranno a esserci discriminazioni e soprusi.
Purtroppo la donna, soprattutto in certi Paesi, spesso è relegata
a ruoli subordinati anche all’interno della propria famiglia,
ma le tante battaglie intraprese non possono riuscire a cambiare sensibilmente
nulla se non trovano proprio negli uomini dei leali e intelligenti alleati.
Questa non vuole essere una mostra per le donne ma per tutti. La donna
è il tramite, il latore di un messaggio di uguaglianza che travalica
il discorso prettamente femminile e si estende a tutte quelle categorie
sociali soggette a discriminazioni.
Le opere esposte ci raccontano di donne vittime o di uomini o di altre
donne (a volte anche di se stesse), di assassine, di novelle Medee.
Donne che subiscono e donne aguzzine (succubi, a loro volta, di poteri
al di sopra di esse), prostitute per costrizione o per scelta (oggetti
sessuali o padrone del proprio corpo), angeli e diavoli, sabine ed amazzoni,
clarisse e baccanti, martiri o arpie.
Foto, dipinti, disegni, installazioni ci offrono uno spaccato sul nostro
mondo, tormentato e carico d’angoscia, in cui vestali e gorgoni
rivivono nei secoli le medesime afflizioni, gli stessi dolori e la stessa
rabbia. Dee e donne si contendono lo stesso terreno di gioco. Minerva
e Aracne si sono nuovamente sfidate.
Gli artisti, Antonella Affronti, Daniela Balsamo, Paolo Baratella, Pierluigi
Berto, Ilaria Caputo, Aurelio Caruso, Pina Cirino, Filli Cusenza, Giuseppa
D’Agostino, Roberto Fontana, Kindia, Pino Manzella, Malena Mazza,
Nico Nardomarino, Franco Nocera, Luca Patrone, Salvatore Pizzo, Vanni
Quadrio, Rosaria Randazzo, Giuseppina Riggi, Euro Rotelli, Giusto Sucato,
TrapaniCalabretta, Elide Triolo, Tiziana Viola Massa, hanno posto l’accento
sulla sofferenza femminile, su vari tipi di “violenza” o
personalità. La classicità del segno si è mischiato
con la pennellata nervosa, i toni tenebrosi hanno lasciato la scena
all’ironia, le atmosfere cupe sono state rischiarate da un raggio
di sole, la potenza ha sfidato la sottomissione, la natura morta si
è confrontata con la vita; tanti frammenti di un unico specchio
in frantumi, tanti brandelli di pelle di un medesimo corpo. Un “discorso”
artistico che ha coinvolto personalità di entrambi i sessi, provenienti
da differenti campi (dalla pittura alla pubblicità, dal design
alla danza, dalla poesia alla fotografia), che hanno dato una rappresentazione,
del tema proposto, abbastanza comunitario. E altresì interessante
notare il ruolo che occupa, secondo gli artisti, l’uomo all’interno
della “condizione” femminile. Nel suo distacco, egli è
la presenza costante che si rivela proprio nella sua assenza, carnefice
o impotente spettatore di una donna che sempre meno assomiglia a Penelope
e sempre più, di contro, è vicina ahimè a Medusa.
Ciò che però lega molta produzione è la cognizione
che spesso il pericolo maggiore sia insito nell’amore stesso,
di qualunque natura esso sia.
La mostra “Virgo et Virago” vuole essere uno spunto di riflessione
e un atto d’affetto nei confronti di chi, giornalmente, combatte
la sua personalissima battaglia per la consapevolezza e l’affermazione
del proprio IO.
Febbraio 2015 Vinny Scorsone

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