Ignazio Apolloni home
v

Roma 1956

Ed. Antigruppo, Palermo, 1988
pp. 182,

 

RECENSIONI E INTERVENTI  
 

 

Fu allora che capii che una parte della mia vita se ne sarebbe andata se non l'avessi messa immediatamente per iscritto. Soprattutto mi premeva che a testimonianza di quel passato grigio per notturne elucubrazioni e poi visioni mattutine non ci fossero soltanto le fotografie in bianco e nero dei settimanali nazionali o dell'altra stampa periodica locale. Nessuno infatti aveva pensato di occuparsi, nella letteratura, di uno psico-dramma di un piccolo borghese partito da lontano e desideroso di andare sempre più lontano, con al seguito un cestello di memorie in cui aveva pensato bene di mettere figure di contorno, inesistenti. Le figure di contorno, i personaggi "minimi", non potevano che essere narrati con il linguaggio della quotidianità. Il "minimalismo" (figura apologetica di ben altra corrente del campo artistico) non poteva non mirare ad espressioni brevi, a locuzioni apodittiche, ad aspirazioni ancestrali. Questa è la sostanza delle cose di chi punta al benessere come bene supremo. Il 1956 segnò il discrimine tra una religiosità morente ed una nascente laicità: con la prima se ne andava uno spaccato della nostra storia fatto di grandi idee e di nobili ideali; con la seconda iniziava l'era del pragmatismo documentaristico. E' stato a questo punto che ho sentito il bisogno di "documentare", rinunciando però ad un facile pauperismo di maniera tanto quanto all'imperante e fuorviante ingegneria linguistico-letteraria. Ed è stata una fatica.