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Ignazio Apolloni v

Capellino

Edizioni Intergruppo-Singlossie,
Palermo, 1991
pp. 160
Il libro contiene un'introduzione
di Stefano Lanuzza.

Le illustrazioni sono di Pietro Cerami

   

RECENSIONI E INTERVENTI

D'Agati Donatella

Mimmo Gerratana

 
 

Si vuole che Capellino, vero apolide, nasca a Viterbo e cresca a Roma. Egli, che a volte sta chiuso in un guscio di riccio come una giovane castagna incontaminata e di solito non esiste se non nella nostra immaginazione, se siamo ancora capaci di averne, fa svolazzare un aquilone in ciclo a mezzanotte; gioca al pallone nelle strade deserte o attraversa con passo leggero, suonando il tamburo, silenziose, metafisiche piazze; suole dormire in un bozzolo di seta e viaggiare nei musicali spazi della fantasia, fotografa farfalle, rincorre la scia di un'astronave, allegoria dei nuovi orizzonti della favola, e pone in gara il proprio cervello con quello elettronico; compete antieroicamente con Robin Hood dei boschi, va in vacanza a Pachino e a Capo Passero in Sicilia, scrive favole dalle trame affini e con protagonisti sempre buoni, sia uomini sia animali; naviga sull'onda del mito dissacrato, aspetta terribili accadimenti o qualcuno che non è Godot, e intanto osserva con entomologica attenzione una pallina di stereo guidata da un agile scarabeo rotolare lungo la china, oppure un insetto che gravita indeciso su un cardo; si cimenta nella professione giornalistica e inoltre ha talento — da dilettante alla Savinio, da «realista magico» — per le «imprese pazze e senza scopo » e per la trasgressione permanente.
Il donchisciottesco Capellino e il suo fido scudiere, «che altri non sarebbe se non il suo autore», marciano in simbiosi dentro frasi «a onda lunga», ricche di assonanze, eufonie, allitterazioni, cacofonie e di tutti i detriti delle lingue e letterature del mondo, trasportando cospicue tracce di un Saint-Exupéry sfiorato dal primo Palazzeschi e da Joyce, dell'esperienza futurista e delle Mille e una notte, libro d'ore d'ogni favolista, specie se siciliano com'è Apolloni.