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Queste lettere che vogliono essere tutte d’amore non sono affatto
lontane dalle altre precedenti forme di scrittura di Apolloni. Si imparentano
con i suoi racconti per il gusto delle peripezie, degli spostamenti
geografici, per il mescolamento dei piani temporali e spaziali; sono
spesso dei grandi affreschi storici artistici e sociali e, alla resa
dei conti, mentre passano in rassegna donne di ogni tipo e professione,
vanno tracciando ancora una volta un dinamico e ironico e complesso
ritratto dell’autore: uomo attratto da quel quid femminile, che
può coincidere con un bel corpo che sveglia appetiti erotici,
come per fotomodelle, donne dello spettacolo, soubrette, dive della
bella epoque, cabarettiste; ma anche con un bel miscuglio di eros e
logos che solletica ancora di più l’interesse del maschio-intellettuale
(dalla prefazione di Franca Alaimo)
Ridestata
dal sonno dell’oblio, la donna di Apolloni e di Zito si fa incanto.
Amante appassionata o silenziosa sfinge, guerriera o madre amorevole,
fata dei boschi, luna, sirena, incorreggibile Pandora, incorreggibile
Eva. Ella è la modella, la Galatea, il senso di tutte le cose,
il motore delle umane passioni che spinge gli uomini a creare, a farsi
deî.
Tra calmi e femminili azzurri, le immagini di Roberto Zito si fanno
latrici di condizioni sociali e mentali che varcano la soglia dell'immediato
leggibile (dalla Postfazione di Vinny Scorsone).
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